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Quando nasci è una roulette. Giovani figli di migranti si raccontano

Autore: 
Editore: 
Terre di mezzo
Luogo di edizione: 
Milano
Anno: 
2007

Recensione: 

Il breve ma saggio testo curato da due scrittrici, una nata in Italia da immigrati africani e l'altra cresciuta sin da piccola nel nostro paese (Igiaba Scego e Ingy Mubiay) ha il merito di accendere i riflettori su un fenomeno che non è più ignorabile e che richiede riflessione: le seconde generazioni in Italia, ossia i figli degli immigrati, che chiedono voce e riconoscimento. (A questo proposito appare doveroso segnalare il sito http://www.secondegenerazioni.it in cui figli di immigrati hanno creato una preziosa rete di contatti e scambi).
Le interviste di "Quando nasci è una roulette" sono narrazioni in prima persona di giovani africani che parlano di sé, delle contraddizioni che vivono, dell’indifferenza o, peggio, del razzismo che spesso hanno vissuto.
Le interviste tuttavia non diventano occasione per lamentare la difficoltosa “accoglienza:” essa non avrebbe alcun senso perché si tratta di persone nate in Italia, ma di questa si sente, paradossalmente, la mancanza; il paese in cui sono nati non riconosce loro il posto che effettivamente occupano, la giurisprudenza in merito è assolutamente anacronistica, la società a fatica li intende cittadini italiani. Ma vi è anche l’aspirazione a realizzarsi in questo paese, a trovare la propria strada qui, al sentirsi a casa nel turbinio, nelle facce e nei colori di una città come Roma, in cui le interviste sono ambientate. Tutto questo e molto altro emerge dalle interviste-narrazioni che questi giovani offrono al lettore, dinanzi al quale si apre un mondo pressoché sconosciuto. Un mondo che, occorre dirlo, presenta tante voci differenti, prospettive non sempre concordanti, modi di porsi distinti: in alcuni casi, ad esempio, la volontà di assimilazione emerge in maniera più forte, in altri c’è invece un maggiore equilibrio tra ciò che rappresentano i genitori e la società italiana “esterna”, non necessariamente intese come due sfere in conflitto. E il pregio sta anche in questo, nel mostrare come questa presunta incompatibilità valoriale che attribuisce, tra l’altro, alle culture degli immigrati l’aura della tradizione in opposizione alla modernità dell’occidente, sia una costruzione ideologica recente. Con il solo fatto di esserci e di parlare, gli intervistati demoliscono questi luoghi comuni indicando la strada verso una rinnovata società fatta di scambio paritario ed arricchente.

Autore della recensione: 
Silvia Camilotti