Un bambino di cinque anni che si ostina a chiedere alla mamma dov'è finito papà e perché non torna più a casa. Le mani di un ragazzo innamorato che tremano scosse dalla rabbia in una gabbia, un attimo prima della rivolta. E il limbo di un uomo che da ex prigioniero si prende cura degli amici ancora dietro le sbarre, contando i giorni che mancano alla loro uscita. Sono le storie di Kabbour, Nizar e Abderrahim. Tre nomi per raccontare le vite che stanno dietro alle statistiche della macchina delle espulsioni. Così la regista Alexandra D'Onofrio prova a ribaltare l'estetica della frontiera. Affinché i numeri del Viminale tornino a essere uomini e donne in carne e ossa. Con una storia che va oltre il Cie, che ha un prima e un dopo, un dentro e un fuori la gabbia. E con un dato universale, che sia l'amore, la paternità o la solitudine, in cui tutti noi ci possiamo identificare per avere la certezza che nel 2012 viaggiare non è e non può essere un reato.
Dal sito http://fortresseurope.blogspot.it/2012/03/tre-corti-sui-centri-di-identi...