«Storia rocambolesca della mia famiglia» recita il sottotitolo e la narra un'attrice e regista, figlia di ebrei croati, che vive in Germania: racconta la propria quotidianità e rovista nella storia di parenti e progenitori, ripercorrendo nelle vicende individuali gran parte del secolo scorso. Sgomberare l'appartamento alla morte dei genitori, riprendere in mano le loro carte e le mille foto significa anche dare un senso alla propria esistenza ed alla propria appartenenza. Con i morti si può anche conversare e nella loro memoria si onorano i vecchi, i parenti lontani, si ascoltano con affetto i sopravvissuti all'Olocausto e, a dispetto di un atteggiamento scanzonato e scarsamente religioso, con i figli ci si incammina sul solco di antiche tradizioni.
Adriana Altaras è la protagonista del documentario “Titos Brille - Tito’s Glass” di Regina Schilling, vincitore del concorso internazionale “Le donne raccontano” del Festival Sguardi altrove tenutosi a Milano nel marzo 2015, http://www.balcanicaucaso.org/aree/Balcani/Gli-occhiali-di-Tito-161084
Esilio
"Al contrario di mio padre, lei non parlava mai della Jugoslavia. Parlava dei "croati" e dei "serbi" e di due o tre amici. Nient'altro. Mai del Paese, degli odori, della gente, del mare. Dei morti. Lei no. Lei non aveva nostalgia...
Mi sbagliavo, Sì che ce l'aveva! Aveva una nostalgia feroce. Viaggiava per l'Assia come se fossero i Balcani. E cercava la gente perduta, la vita perduta [...] Era rimasta un'ospite. Dopo quattro decenni. Quanto "esser ospite" può sopportare un singolo individuo? E quand'è che desidera infine radicarsi nel luogo dove si trova?"
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