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Sua maestà il calcio

Editore: 
Rayuela
Luogo di edizione: 
Milano
Anno: 
2013

Recensione: 

Curioso e, a nostro avviso, riuscito, esperimento letterario, l'ultimo lavoro di Fernández, che riesce a discostarsi, pur nella continuità, dalla sua precedente produzione letteraria. La scelta del tema, riassunto nel titolo, sorprende chi conosce la scrittura di quest'autore, in quanto segna, apparentemente, uno scarto con quanto pubblicato in precedenza. Come ammette l'autore nella prefazione, l'idea di scrivere di calcio nasce da una provocazione, che gli è stata rivolta in quanto un uruguayano che non affronta questo tema sa di «occasione mancata» (7). Il commento non ha certo fatto piacere all'autore, in quanto «era come dire che tolto questo uno che arriva da quelle latitudini ha ben poco da dire» (7). Con il tempo, però, ha iniziato a ripensarci e a guardare quello che definisce «il gioco più vecchio del mondo» (9) da un'altra prospettiva, di scala mondiale, per così dire.
Infatti il testo - che dal punto di vista del genere si colloca in uno spazio intermedio tra una raccolta di racconti e un romanzo, dato l'inestricabile nesso tra una storia raccontata e l'altra - apre anche ai lettori e alle lettrici che di calcio poco, quasi nulla, sanno, una finestra inedita, che racconta la storia di uomini e donne del Novecento, dall'Europa all'America Latina, a partire dalla lente offerta da uno degli sport più popolari al mondo. Fernández lo fa mantenendo la sua consueta cifra ironica e senza venir meno all'impegno che investe il suo fare letteratura. Un esempio della prima:

«Non so quando né chi sia stato il primo a far rotolare un pallone su un campetto, a Sud dell'Equatore, né a chi sia venuto in mente di prenderlo a pedate. Fatto è che da quel giorno non smise più di farlo. Se chiedete a un sudamericano medio da quanto tempo si gioca a calcio dalle sue parti, potete star sicuri che, al di là della risposta più o meno assennata, quello che gli ronda in testa è "da sempre". Come mi diceva qualcuno, una volta, "qui, persino i poeti, nel guardare la luna, sognano di mandarla in fondo alla rete, un giorno o l'altro"» (88-89).

Autore e voce narrante, come spesso accade nei testi di Fernández, non sono mai scissi, e tra le righe compaiono stralci di autobiografia, di vita divisa tra due continenti. Permane però anche l'attenzione alla Storia, alle sue violenze, alle sue ingiustizie che nel ventesimo secolo sono state particolarmente efferate. Le pagine finali dedicate ai rom e ai loro calciatori, di ieri e di oggi, con aperture sulla vicenda del Porrajmos ne sono un esempio, ma anche la scelta di raccontare l'incredibile vicenda calcistica, nel 1941-42, tra i giocatori della città di Kiev, messa a sacco dai nazisti, e una squadra tedesca: l'esito tragico della vicenda esibisce tutta la cecità delle gerarchie naziste che non sono in grado di accettare una sconfitta sportiva e che ricorrono all'uso della forza per rappresaglia, travalicando le più basilari regole di deontologia dello sport. La Storia si può raccontare anche a partire dal calcio, ci suggerisce questo volume, senza banalizzazioni e pressapochismi. Un testo che, anche a livello didattico, può offrire uno strumento originale e intrigante, dal punto di vista dei ragazzi, per riflettere sulla storia del Novecento.

Autore della recensione: 
Silvia Camilotti