Dubravka Ugresić racconta la condizione di chi è straniero e in Jugoslavia e in Olanda. L'esilio di chi viene dalla ex Jugoslavia è particolare, che sia voluto, scelto o coatto, ha un peso in più rispetto all'esilio di altri, è ancora peggio del senso di sradicamento, nostalgia, solitudine che chiunque prova lontano dalla terra in cui è nato. Per chi viene da un mondo che si è dissolto in una guerra fratricida c'è, in aggiunta, la difficoltà e il dolore di ricostruire una identità andata in pezzi già nel suo paese, frantumata, a partire dalla lingua stessa, violentata e scissa.
Per questo la protagonista di questo romanzo, docente ad Amsterdam di una letteratura jugoslava che non esiste più, fa una proposta particolare ai suoi allievi, profughi balcanici: risalire all'indietro, alla terra innocente dell'infanzia, e ricostruire una memoria collettiva che si opponga a quella frantumata voluta dai politici e da feroci nazionalisti.
Il testo racconta anche il fascino dell'Olanda, dei suoi cieli tersi e delle sue nebbie così come la solitudine nei rientri in patria e nei rapporti con i familiari.
LA LINGUA
Qui, dove sono circondata dalla lingua olandese e comunico in inglese, la mia lingua madre mi sembra straniera.
pag 9
"Nella valigia, con la biancheria, accanto alle fotografie di famiglia, soffocammo la lingua, unico tesoro dell'anima, e ci avviammo alla battaglia contro i mulini che macinano l'aria d'Olanda"
È l'esergo della pagina, una citazione da Ferida Duraković che dedicava a Dubravka Ugresić questa sua poesia, "Come se ci fossi".
pag 27
Era l'epoca della separazione linguistica, piena di urla e furore. La lingua divenne un'arma. La lingua svelava, segnava, separava, univa.
pag. 41