L'affascinante e raffinato disegno in bianco e nero di questa autrice ritorna con un'altra storia in cui emerge la nota autobiografica e riappare la sua figura riccioluta.
In questo caso si aggiunge la musica che domina il racconto con tutti i suoni quotidiani, dal cip di Ludwig, l'uccellino in gabbia, al roll roll della valigia allo scrouitchi delle scarpe italiane nuove. La musica come lingua, due storie parallele, una nel passato, legata alla sua famiglia con l'invenzione del piano orientale, una nel presente, la sua migrazione personale dal Libano alla Francia e la sua lingua mescolata, contaminata.
Il piano orientale è un particolare tipo di pianoforte che riesce a suonare anche l'intervallo più piccolo, il quarto di tono, tipico della musica orientale. chi lo suona può passare da un tipo di musica all'altro mescolandole, esattamente come l'autrice nell'eterno ping pong avanti e indietro nelle sue nazioni, mescola le sue lingue, l'arabo e il francese, creando una nuova lingua tutta sua.
"Io sono la mia lingua", dice l'esergo citando Mahmoud Darwish e su questo tema si sviluppa il testo con osservazioni di grande intensità, mostrando graficamente che se non hai lingua non hai mondo intorno a te.
LA LINGUA