Sala Falconetto di Palazzo Geremia Via Belenzani, 20 Trento
Presentazione pubblica del Festival di letteratura migrante 2005. Con la partecipazione di Carmine Abate e letture dal testo Tra due mari, Nuova edizione 2005 e da La festa del ritorno (2004), Premio selezione Campiello. Collabora Bruno Vanzo. In questa settimana di festival e nella lunga serie di eventi che dal febbraio 2002 sono andati componendo Il Gioco degli Specchi, pur con modalità e con destinatari molto diversi, lo scopo principale è sempre stato quello di incontrare e ascoltare persone, di riflettere sul nostro posto nel mondo, in relazione sia al passato sia al futuro. La letteratura è per noi, con il cinema, esperienza diretta, conoscenza di vite e fatti, vicini o lontani nel tempo e nello spazio. Agli storici ed ai sociologi chiediamo poi maggiore comprensione della realtà che viviamo per meglio programmare il futuro comune. Abbiamo visto la nostra città cambiare nel tempo con rapidità, arricchirsi di colori e suoni i più vari: vogliamo essere parte attiva e cosciente di questa trasformazione, senza paure che ci rendano disumane, felici invece delle possibilità che la nuova, ineludibile, realtà ci offre, attente a prevenirne i problemi. Le migrazioni, nei due sensi, sono il legame stretto, fisico, personale, che ci collega ai posti più impensati del pianeta e ci impongono di metterci in una relazione corretta, nuova, con il resto del mondo, su basi di dignità e parità. Dalla prima edizione del 2003 ad ora abbiamo avuto nuove guerre, a cui perfino il nostro stato partecipa, tragedie di dimensioni inimmaginabili. Se piangi il mondo le lacrime non ti bastano, ma non si tratta di piangere, bensì di convincersi che, si voglia o no, il mondo è affare nostro, di tutti ed a tutti giova programmare rapporti basati sull'equità e sulla pace. Il Gioco degli Specchi è un invito ad ascoltare, a ricordare, a riflettere. E a trarne, ognuno nella propria quotidianeità e tutti insieme nella vita sociale, comportamenti conseguenti e degni di esseri umani. "Ma saprà mai qualcosa di me quello che di notte alla luce della lampada, e il buio tutt'intorno leggerà queste righe?" si chiedeva da Sarajevo Abdulah Sidran*. Noi, noi vogliamo restare vigili in ascolto. Per costruire. Con la grande rete di persone che credono nell'umanità e nella pace. Maria Rosa Mura e Chiara Xodo -* La bara di Sarajevo (Edizioni "e", 1996)-