Questo è il terzo volume della “Trilogia degli schiavi”: ne “La costa degli schiavi” Hansen raccontava di migliaia di esseri umani fatti prigionieri per essere venduti, ne “Le navi degli schiavi” la terribile traversata dell'Atlantico, qui ricostruisce la terribile condizione nelle piantagioni di canna da zucchero nell'arco di due secoli.
Siamo nelle Isole Vergini, nel mar dei Caraibi, a est di Portorico, possedimenti danesi fino al 1917 quando furono vendute agli USA, ora nota meta turistica e paradiso fiscale.
Occupate e colonizzate dai danesi nella seconda metà del 1600, vi fiorì poco per volta un'economia che arricchì non solo i piantatori locali, ma anche la madrepatria che nel 1700 raffinava ed esportava lo zucchero in tutto il mondo. Alla base di queste ricchezze era il lavoro degli schiavi, continuamente importati dall'Africa, rapiti, trasportati, venduti e trattati come bestiame da lavoro.
È un classico esempio di quella triangolazione economica basata sulla schiavitù che ha reso ricchi molti paesi europei.
La piccola Danimarca non ne è stata estranea e si è tenute ben care isole e schiavismo fino a quando, alla metà dell'800, la barbabietola da zucchero non è entrata in concorrenza con la sua produzione di canna. Quando le isole non sono state più economicamente vantaggiose ha cercato di venderle, specie dopo che l'abolizione della schiavitù è diventata effettiva. La Danimarca infatti si è vantata di avere abolito per prima la schiavitù, in realtà l'ha fatto solo sulla carta concedendo ai suoi piantatori di 'approvvigionarsi' di schiavi ancora per dieci anni in modo da far fronte alla riduzione della forza lavoro dovuta ad una eccessiva mortalità.
Questi in estrema sintesi i fatti minuziosamente narrati, ma il libro di Hansen disegna spazi, ambienti culturali e sociali, psicologie. Illumina un paesaggio ricercandolo nelle rovine del presente: i resti dei forti, delle piantagioni, del mulino e del locale bollitura, delle scuole, i tramonti sulla piana fertile, i porti. È caldo di figure indimenticabili, dagli avventurieri europei ai grandi capi delle drammatiche rivolte che nei secoli si sono succedute. I pietisti che vennero dalla Danimarca per evangelizzare e hanno così mantenuto gli schiavi sotto più stretto controllo; i capi delle grandi rivolte, Kong Juni che ancora ricordava il suo passato africano di re, il Generale Buddo che cercava di ottenere la libertà senza usare la violenza; il discusso Governatore Peter Von Scholten che aveva istituito le scuole per i figli degli schiavi e infine concesso nel 1848 la libertà.; e altri, molti altri.
“Le isole degli schiavi” ricostruisce la storia e si legge come un romanzo.