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Margini d'Italia. L'esclusione sociale dall'Unità a oggi

Editore: 
Laterza
Luogo di edizione: 
Roma-Bari,
Anno: 
2015
Traduttore: 
Laura Schettini


Presentazione: 

Frutto di lunghi anni di ricerche questo libro affronta le relazioni sociali e di potere che si sono instaurate in Italia nel mentre si costruiva il paese stesso. Non racconta una storia alternativa a quella ufficiale, perchè non racconta la storia di persone che vivono ai margini e di come sono coinvolte dagli eventi nazionali. Invece analizza il modo in cui altri le hanno descritte per emarginarle, tramite quali messaggi simbolici le hanno sospinti fuori della società. "In termini sociali non esistono i margini, ma solo i modi di vedere e osservare luoghi e persone come marginali". David Forgacs utilizza dunque lo sguardo critico di immagini e testi letterari, affiancandoli al documento storico e a quello giornalistico d'attualità, e prende in esame quattro ambiti: Periferie urbane con le baraccopoli delle grandi città, Colonie e popolazioni africane, in particolare le donne (pag. 54 - 140), Sud e le sue aree meno sviluppate, Manicomi e la rivoluzione della riforma che prende il nome di Franco Basaglia, Campi nomadi e la loro creazione alla fine degli anni Sessanta (pag. 291 - 320). L'aspirazione è arrivare ad "una comprensione critica di queste relazioni di potere e della nostra posizione al loro interno."

 

Pagine di...: 

COLONIALISMO

Di particolare rilievo le pagine dedicate all'analisi di foto d'epoca, nell'Africa Orientale Italiana, al loro peso razzista, alla loro visione della donna come oggetto erotico e preda. pag. 59 - 73

RAZZISMO

 Il termine 'campo nomadi' è invalso nell'uso fin dalla fine degli anni Sessanta, quando i primi insediamenti di questo genere vennero creati dalle amministrazioni di Bolzano, Milano, Torino, Cuneo e altre città setentrionali per sistemarvi le famiglie di rom e sinti italiani. Da lì si sono diffusi verso sud per 'contagio', come dice Leonardo Piasere, nelle aree periferiche di altre grandi città, tra cui Firenze, Roma, Napoli e Palermo. Viene spesso dato per scontato che i rom migranti che oggi vivono in questi campi siano nomadi per tradizione e che preferiscano vivere lì piuttosto che in qualsiasi altro posto. In realtà molti di loro non hanno un passato nomade e non avevano mai vissuto in un campo prima di arrivare in Italia. La creazione dei campi nomadi tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, è strettamente legata al modello 'problema nomadi' del quale dovevano essere la soluzione. Entrambi erano il risultato di vecchi pregiudizi da parte dei non rom nei confronti degli zingari, che venivano considerati nomadi per natura e disposti ad accettare di vivere in insediamenti informali in condizioni precarie. I campi nomadi sono un esempio di come un'idea di marginalità sociale possa essere prodotta dalle politiche delle autorità locali ed essere poi rafforzata e reiterata dalla mentalità popolare e dai discorsi dei media.   pag 300 sg

Se pochi italiani sono a conoscenza del fatto che il numero di rom in Italia è molto basso, ancora meno sanno che la maggior parte dei rom che sono oggetto di campagne di odio e di politiche di trasferimenti forzati sono persone già fuggite da situazioni di persecuzione nei loro paesi di origine o che un numero considerevole proviene da Stati membri dell'Unione europea, come Slovenia, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Romania e Bulgaria. Non tutti i migranti rom provenienti da questi paesi ne erano ufficalmente cittadini, dal momento che il loro diritto ad acquisire la cittadinanza in virtù della prolungata residenza era spesso conculcato o ignorato sulla base di un pregiudizio etnico, rendendoli ufficialmente apolidi ma molti invece lo erano, e come tali hanno il diritto di risiedere e lavorare in uno Stato membro come tutti gli altri cittadini dell'Unione europea. pag. 304