È un freddo mattino di marzo e l’Italia anonima di chi ogni giorno va al lavoro in ospedale, al bar, in ufficio, si risveglia lentamente. In un cantiere edile di Nocera Umbra le lamiere risuonano, ovattate dalla terra e dal cemento, ma un movimento verticale lacera l’aria: Altim, operaio albanese, precipita da un montacarichi. Ora lotta per sopravvivere nel reparto di rianimazione, mentre l’attesa della sua fine – una nuova, silenziosa morte bianca – irradia tensioni contrastanti. Attorno alla stanza d’ospedale si muovono poche figure, appese per motivi diversi al suo destino. Il giovane e cinico avvocato che cura gli interessi della ditta di costruzioni. La moglie Jonilda con il piccolo Igli. Infine Marta, medico, tormentata e impotente. Un romanzo che porta alla luce un tema di profonda gravità, che colpisce soprattutto gli immigrati, ma di cui poco si parla e poco si sa, quello delle morti sul lavoro.