Il video propone le testimonianze di ventitre donne trentine o di origine trentina di diverse fasce di età, raccolte fra Stati Uniti e Canada, che raccontano in prima persona alcuni aspetti della loro esperienza nel mondo dell’emigrazione: l’entusiasmo o la disperazione di fronte all’impatto con una realtà totalmente diversa da quella trentina, le fatiche per conciliare lavoro e famiglia, la speranza di creare migliori prospettive per i figli, la nostalgia per i luoghi d’origine, la volontà di tramandare valori e principi morali imparati dai genitori, l’importanza della solidarietà per trovare conforto e stimoli per affrontare le situazioni difficili, le opportunità di emancipazione offerte dalla nuova patria, l’intuito e l’intraprendenza femminile messe al servizio della comunità, attraverso il lavoro e l’impegno nell’associazionismo.
Il video è stato prodotto dall’Associazione Trentini nel mondo onlus in occasione della diciottesima “Convention ITTONA” che si è svolta a Solvay (New York – USA) nel 2008, l’appuntamento che ogni due anni riunisce in una diversa località del Nord America i Circoli trentini di Stati Uniti e Canada.
La storia del calzolaio Nicola Sacco e del pescivendolo Bartolomeo Vanzetti, immigrati negli USA e anarchici, che furono incriminati per rapina e omicidio e condannati a morte innocenti nel 1921 e giustiziati il 23 agosto 1927. I due anarchici italiani rivivono sullo schermo nella commossa e commovente interpretazione di Cucciolla e Volonté (premiato a Cannes) nel quadro di un film all'insegna dell'efficacia narrativa, oratorio senza enfasi, un po' ripetitivo, in stabile equilibrio tra informazione e denuncia. Scritto dal regista con Fabrizio Onofri e Ottavio Jemma con un occhio al cinema hollywoodiano giudiziario e di denuncia, rimpolpato con le esperienze del cinema politico europeo. Musiche di Ennio Morricone e Joan Baez.
Tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta il Canada è stato per moltissimi italiani l’occasione della vita. Un territorio immenso e pochissimo popolato, un’economia in grande espansione, un bisogno enorme di mano d’opera. Il Grande Paese si stava formando, un nuovo sogno “americano” diventava per molti realtà. Tanti hanno fatto fortuna, molti hanno trovato benessere e prosperità. Con il loro lavoro, fatto spesso di fatica e forza di volontà, hanno contribuito tutti alla costruzione del Canada moderno.
Venticinque sul filo è un documentario prodotto dal Centro Studi Valle Imagna e realizzato da Lab 80 film nell’ambito della terza fase del progetto di ricerca sull’emigrazione bergamasca in Europa e nel Mondo. Il film, scritto e diretto da Alberto Valtellina e Sergio Visinoni, è ambientato in Belgio, a Seraing, nei dintorni di Liegi. E’ qui che migliaia di Italiani hanno contribuito alla Ricostruzione dell’Europa sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale, lavorando nelle fabbriche e soprattutto nelle miniere di carbone.
Il film segue diversi momenti della vita di alcuni connazionali, la macchina da presa si muove a fianco dei protagonisti che raccontano frammenti delle loro storie individuali e allo stesso tempo parlano del presente e dei cambiamenti dovuti alle nuove strategie industriali e alla chiusura dei luoghi di lavoro che li avevano portati a lasciare il loro paese d’origine.
La ricerca privilegia gli aspetti quotidiani che riguardano la vita delle singole persone e della collettività, dando spazio anche alle più piccole sfumature, ai gesti e alle emozioni, alle parole e ai silenzi, indizi solo apparentemente di poco conto, ma che in realtà rivelano sentimenti e aspettative.
I protagonisti sono uomini semplici, assolutamente consapevoli di quello che hanno vissuto e di quello che è oggi la loro realtà, per nulla inclini alla nostalgia e alla rivendicazione.
Al di là di quanto ci si potrebbe attendere, la scelta di emigrare si manifesta non solo come motivata dalla necessità ma anche come atto di libertà. Anche l’integrazione non è un dato acquisito ed è vissuta in modi diversi: per qualcuno il filo che lo legava alla famiglia e all’Italia è diventato molto sottile o si è addirittura spezzato, per altri il paese d’origine è come qualcosa a cui rimanere fedeli ma che non suscita il desiderio di tornare. E c’è qualcuno che si sente straniero da tutto.
Qui il trailer: http://vimeo.com/3814731
Memorie migranti è un cofanetto che raccoglie undici video sul tema dell'emigrazione italiana, selezionati nell'ambito del concorso omonimo, arrivato nel 2010 alla sua settima edizione. Si tratta di un progetto a cura di Catia Monacelli e Daniela Menichini, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il Patrocinio del Ministero degli Affari Esteri.
Tra i video presenti, segnaliamo quello di Ester Capuzzo e Flavia Cristaldi (ques'ultima ospite della rassegna La Patria riTrovata del 2011 a Trento) dal titolo Alla ricerca delle radici: emigrazione, discendenza, cittadinanza. Il video è stato realizzato in collaborazione con l'associazione Trentini nel mondo e Trentini di Bosnia e dell'Agro Pontino: vi si narra l'emigrazione dalle valli trentine non solo verso le mete più note (Stati Uniti, America latina, Europa) ma anche i flussi che si diressero verso la Bosnia per volontà di Francesco Giuseppe che dopo le alluvioni del 1882-83 spinse molti trentini a partire verso quei territori, anche per controbilanciare la presenza musulmana in una provincia da poco acquisita dall'Austria-Ungheria. Questi trentini, poi, nel 1939, a seguito dell'accordo tra Italia e Jugoslavia, furono costretti a lasciare quei territori, rientrare in Italia e andare nei territori rimasti dell'agro pontino, dove ancora oggi molti di loro vivono.
Sono 25 milioni i discendenti di immigrati italiani che vivono oggi in Brasile, quasi tutti pronipoti di quanti, a partire da fine ‘800, abbandonarono un’Italia, perlopiù contadina e povera, per un continente che prometteva ricchezza e benessere. Ma in appena un secolo i flussi migratori si sono completamente rovesciati. Se prima l’Italia era un paese da cui fuggire, essa è divenuta adesso parte di quel Primo Mondo a cui tutti aspirano. Solo la condizione dei migranti non sembra cambiare.
Il film racconta le vicende di Gaetano e di Alì. Il primo vive a Parma con la zia.
Il padre Antonio è emigrato in Germania dove progetta di aprire un bar e vuole che anche Gaetano lo segua, che anche questi fugga da una terra che per lui ha sempre rappresentato miseria e morte. Ma Gaetano non vuole partire, un legame forte, per certi versi inspiegabile, lo tiene legato alla sua terra. Lì è sepolta sua madre con la quale continua a dialogare nelle frequenti visite alla sua tomba. Alì è invece un migrante clandestino, sfruttato come lavoratore irregolare, costretto a riprendere una fuga senza meta che sembra infinita.
Le storie parallele dei due personaggi ad un certo punto finiranno per incrociarsi, per specchiarsi l'una nell'altra, accomunate dalla disperata condizione dell'impossibilità di gestire ed orientare il proprio destino.
Luis Beltrán, Rio Negro, Patagonia Argentina: la cinepresa ruota lentamente lungo tutta la linea dell'orizzonte nel tentativo di trasmettere il senso di quella immensità che si trova di fronte. La luce, il vento, la piccolezza dell'uomo, i campi di girasole e di mais a perdita d'occhio ben la trasmettono, poi, in questo ambiente austero, germinano le storie. “Ci penso sempre e non so cosa deve essere stato quello sradicamento per mio padre, arrivare da Bergamo fin qui, dove non c'era assolutamente niente. “
Il Circulo Italiano è il ritrovo, dove si ricorda l’origine della propria famiglia, scrivendo il nome proprio e quello del paese sulle pareti, dove sono state dipinte gigantesche regioni italiane. Molti vengono dall'Italia, partiti dopo la guerra, quando non c'era lavoro e le aziende più importanti invece lavoravano qui, come la Saipen che vi ha costruito importanti opere idrauliche. Oppure erano i più grandi di molti figli ed a soli 17 anni avevano il dovere di andarsene e scaricare dalla famiglia l'obbligo del loro mantenimento. Altri invece sono arrivati in Patagonia per migrazioni interne, da Buenos Aires, lasciando il lavoro edile per costruire invece con orgoglio un frutteto come non ce n'è altri, cercando un clima più salubre per il figlio malato, un posto tranquillo per non imbarbarirsi in una città divenuta pericolosa.
Vivono in una pace inimmaginabile, con ritmi lenti accuratamente radiografati, si dedicano alla passione del teatro o alla raccolta di resti e ricordi per un piccolo museo, pescano e si scambiano ricette. Si lamentano delle formiche e delle carpe, e peccato che ci siano le zanzare. Non è un luogo fuori del mondo, ci si viene perché la Patagonia è di moda, per fare grandi investimenti in terreni e colture intensive. Oppure per cercare un "lugar en el mundo", il proprio luogo, la 'casa', quella sognata e che si può raccontare stanza per stanza anche se i disastri economici dell'Argentina ne hanno allontanato il sogno.
Giovanni (Nino) Garofalo è un emigrato italiano che vive e lavora in Svizzera.
Per una situazione accidentale perde il posto di lavoro e anche il permesso di soggiorno Da qui una serie di avventure per non essere rispedito in Italia.
Alcune decine di anni dopo aver girato Siamo italiani, Seiler rivisita la stessa comunita' italiana che aveva osservato negli anni sessanta per coglierne i cambiamenti.
“Che fine hanno fatto Marco, Carolina, Maria Assunta, Antonio e gli altri?"
Per la sua ricostruzione va a cercare tutti gli interpreti della prima pellicola, raccontando le nuove storie e i percorsi degli immigrati ormai anziani e delle loro famiglie.
"È stato molto difficile far dire agli immigrati della prima generazione anche solo una parola negativa sulla loro esperienza in Svizzera. Quando ricordano le condizioni in cui erano costretti a vivere, quarant’anni fa al loro arrivo in Svizzera, dicono che «era un alloggio con i topi», e poi ne ridono: e più di così non dicono. Soltanto uno degli intervistati arriva ad ammettere che «eravamo molto schiavi»: ma un suo concittadino mi ha confidato che è stato questo l’unico passaggio del film che non gli è piaciuto. Credo che qui emerga la capacità di ognuno di noi di dimenticare e di rimuovere. L’odierno benessere economico, raggiunto con il duro lavoro in Svizzera, ha rimosso tutte le difficoltà, le discriminazioni. L’unico senso di dolore che rimane è per la lontananza, un senso di nostalgia per la propria terra". (A.Seiler)
- ted./It. con sott. in it.