Questo libro riassume "alcune cose che abbiamo capito" durante i due anni di accoglienza di profughi da parte della Caritas di Udine, in occasione della cosiddetta "emergenza Nord Africa" del 2011.
"Questo di Brusini – il cui talento nella scrittura si rivela qui solo come la punta di un iceberg fatto di cultura e di curiosità – non è un libro che, una volta finito, lo si appoggia sullo scaffale per dimenticarselo. No, questo è un libro che coloro che sono impegnati sui temi dell’immigrazione e dell’asilo in Italia, in particolare gli operatori sociali, devono tenere sul comodino, per consultarlo quotidianamente e per porsi domande sulle diverse situazioni che ogni giorno affrontano e, sicuramente, si troveranno ad affrontare anche in futuro."
Così scriveva la sociologa e giurista Iside Gjergji nel suo blog sul "Fatto quotidiano".
Certo è un libro utile per gli operatori e le persone impegnate con i migranti, perché ci sono molte riflessioni su aspetti problematici nelle relazioni interpersonali, discussioni sui modi migliori per organizzare una accoglienza valida, dalla sede in cui si ospitano i profughi alle strutture per affrontare i problemi del lavoro e quelli sanitari, per non parlare di legalità e burocrazia.
Si discute ad esempio l'idea di ospitarli in alberghi, sistemazione decisamente più dispendiosa degli appartamenti e che presenta delle difficoltà, dato che l'albergatore non è un operatore del sociale e uno o due anni di vita in albergo "sono una palestra di isolamento, rabbia e depressione, più che di integrazione." Per non parlare della possibilità negli appartamenti di prepararsi il cibo da sé, fatto rilevante per tutti e in particolare per le donne il cui ruolo, intimamente legato alla gestione della casa, rende poco adatta l'ospitalità in luoghi con la mensa. "Cucinare è uno dei compiti per eccellenza delle donne e non poterlo fare è stato per loro una forte menomazione".
Si concorda con Iside Gjergji anche riguardo al talento, all'attenzione partecipe e curiosa dell'autore, ma chi lavora stabilmente con i migranti potrebbe scriverne altrettante di storie, di riflessioni, di discussioni: questo ci pare invece un libro che dovrebbero leggere quelli che con gli immigrati non praticano, per guardare in faccia la realtà.
Lo dovrebbero leggere i 'buonisti' ad esempio, per uscire dal paternalismo che li tenta e riconoscere nei loro 'beneficati' persone con progetti di vita autonomi, desideri, gusti, che non sono necessariamente i loro, tentazioni e malizie.
Oppure quelli del 'rimandiamoli a casa loro' o 'aiutiamoli a casa loro' per capire da dove vengono queste persone e qual è questa 'loro casa'.
Dovrebbero leggerlo quei giornalisti che si lanciano nel compitino eternamente ripetuto sparando numeri e proposte sulla falsariga di una politica che, dioliperdoni, non sa quello che fa. Quelli che fanno delle tragedie uno spettacolo sempre ripetuto e poi all'improvviso non ci dicono più nulla.
Questo libro ci sembra importante perché ristabilisce la realtà dei fatti e ridà dignità di persone a chi fugge dal proprio paese e incappa nelle folli disposizioni di chi pretende di bloccare il libero movimento delle persone.
I profughi qui hanno un nome, Omar Kouyate Muhamed Ekow Hani Paul.., una storia, nel bene e nel male sono delle persone con cui Michele Brusini ed altri che contribuiscono al testo, hanno stabilito delle relazioni, anche se il rapporto operatore - utente resta di aiuto, asimmetrico.
"Questi nuovi arrivati - scrive Elisa Grandi, l'operatrice che si occupa delle donne, - sono prima di tutto persone, e come tali hanno il diritto di essere considerati, nelle loro pienezza e nelle loro sfaccettature. Sono persone ricche, possono dare molto [...] non sono solo vittime, ma anche persone coraggiose capaci di scelte difficili."
CONSUMISMO
Questa è la Merica, un tuffo nel meraviglioso e sconosciuto mondo del superfluo.
"Complicato frenare le richieste che hanno trattenuto fino a quel momento, riportandoli ad una visione realistica delle loro possibilità.[...] Perché vogliono delle cose di cui non hanno nemmeno bisogno? perché quelle cose sono lì, in vetrina."
pag 35, 43, 48
LA SICUREZZA: PUNTI DI VISTA
"Il mio 'interprete' sospira e inizia a spiegare perchè ci sia così tanta tensione.
Per prima cosa c'è la polizia, e della polizia non ti devi mai fidare.
Per me un agente delle forze dell'ordine è sempre stato un riferimento sicuro, e credo che questa sia una affermazione che molti di coloro che leggeranno troveranno condivisibile. Perché in Italia, nonostante tristi e deplorevoli casi, se ti capita qualcosa di brutto la prima cosa che fai è chiamare la polizia. Il mio 'interprete' invece enumera tutte le volte in cui 'qualcosa di brutto' gli è capitato proprio per mano di agenti della polizia, a partire dalla Somalia, sua terra natia, fino ad arrivare nelle prigioni della Libia. Gli agenti che sono per lui militari, armati, violenti e pericolosi, per me sono figure rassicuranti e affidabili.
pag 78