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Racconti italiani

Editore: 
Besa
Luogo di edizione: 
Nardò (LE)
Anno: 
2000

Recensione: 

Racconti italiani: Ventinove racconti sull’Italia, dell’Italia, o dall’Italia?
Da un lato abbiamo, infatti (come rivela Armando Gnisci nella Postfazione) storie che ci raccontano l’Italia di oggi, con una contemporaneità di sguardo e di registrazione del presente davvero sorprendente; ma, dall’altro, un taglio obliquo della narrazione, che si staglia sempre potente tra fiabesca, surreale e fantastica, gettando una luce caravaggesca (ma non per questo meno reale) sulla quotidianità: italiana, europea, o umana? È solo l’Italia che Monteiro Martins racconta? O anche la nostra contemporaneità globalizzata, in cui il confine nazionale si allarga al mondo intero? O sentimenti, propensioni, atteggiamenti, storie universali, al di fuori del tempo e dello spazio? Quell’aggettivo «italiani» del titolo allude alla materia narrata, alla lingua della narrazione o ad entrambe?
Dopo i «piccoli poemi in prosa» di Il percorso dell’idea (Pontedera, Oltre Le Mura/ Baldecchi e Vivaldi, 1998), è questa, infatti, la prima raccolta di racconti che lo scrittore brasiliano compone direttamente in italiano (nove, invece, i volumi pubblicati in Brasile: tre romanzi, cinque raccolte di racconti ed una di saggi), e viene quindi spontaneo chiedersi se non sia anche la nuova lingua, l’italiano come lingua-distanza, a permettere una così solida lucidità di sguardo. Perché sì, tra questi racconti brevi molti ci raccontano dell’Italia, di atteggiamenti, modi, paradossi, tipi umani italiani (Il puteale e la bella coreana; miss Maglietta Bagnata; You call me Mimmo; O’cancelliere; Con l’humus, per citarne alcuni), ma altrettanti ci narrano tipi “umani troppo umani”, vicende che potrebbero svolgersi in paesini della Garfagnana, come in Portogallo, Brasile, USA (In naturalibus, I pangolini, Resoconto; Troppo umano, Il Mistral, Christian Kurz, Desperada, La parabola del giovane economista) ed in un tempo che si dilata dal 1500 (Un mare così ampio) al futuro più prossimo venturo (I pangolini; Terraforming): in un intreccio, quindi, di tempi, luoghi e voci narranti del tutto inusuale per il nostro panorama letterario nazionale.
La tecnica perfetta e la solida padronanza del racconto breve da parte dello scrittore brasiliano ritornano potenti anche in questo nuovo contesto italiano, ma ne appaiono al contempo potenziate, proprio per quello sguardo obliquo e distaccato che l’uso della nuova lingua sembra fornirgli. Cosicché di racconto in racconto il lettore rimane sempre all’erta, sull’attenti: dapprima catapultato nel singolo testo grazie all’uso di incipit potenti, da grande narratore; poi sempre più imbrigliato nel gioco metaforico e multiprospettico del racconto, al bivio tra reale e fantastico (Terraforming), fiabesco e desolante (La parabola del giovane economista), grottesco ed agghiacciante (I pangolini; You call me Mimmo; Ottantacinque, ottantanove); per essere infine sbaragliato da un finale che non è mai un finale vero e proprio, perché rimane aperto alle infinite possibilità che l’apparente conclusione non determina.
Ma la vera cifra stilistica di Monteiro Martins è l’ironia: un’ironia giocosa, dissacrante, carnevalesca, paradossale ed umoristica soprattutto, che attraversa la scrittura in multiformi sfaccettature, e che si unisce a quel misto di realismo magico, fascinazione del fantastico, sensualità e corposa naturalezza che derivano allo scrittore dalla sua cultura madre brasiliana. Una cultura ed una lingua, poi, che regalano alla prosa un ritmo della scrittura, della lingua e del pensiero ben diverso dal nostro, nella pur comune origine latina.
Ecco allora che l’intersecarsi di diverse voci narranti (anche nello stesso racconto, e fino ad un massimo di quattro) e la scelta della forma breve del racconto divengono la logica di un nuovo modo di intendere e fare letteratura: una letteratura multiprospettica che possa rappresentare la multiculturalità, la frammentazione, la velocità e l’incertezza del nostro presente ancora in fieri.

Autore della recensione: 
Rosanna Morace