Una staffetta a fianco dei migranti
di Stefano Bleggi
Sono trascorsi appena 5 mesi da quando è iniziata la staffetta solidale #overthefortress: attivisti, studenti, volontari hanno raccolto fin da subito una proposta di solidarietà dal basso e hanno deciso di mettersi in cammino a fianco dei migranti e supportarli nelle loro pratiche di resistenza e violazione dei confini attraverso le frontiere interne ed esterne dell’Europa. La staffetta si è mossa lungo l’asse della rotta dei Balcani e le isole greche del Mar Egeo, fino all'Ungheria. L’operato costante di monitoraggio, possibile anche grazie alla rete di contatti costruiti con realtà europee e singoli individui attivi nei luoghi di maggior flusso, ha verificato sul campo quali sono gli effetti nefasti delle politiche in atto. Così come si è potuto valutare l'effetto negativo legato alle logiche discriminatorie con cui si decide di aprire dei confini o di chiuderli per periodi non prevedibili nè programmabili, con l'immediato risultato di bloccare migliaia di persone in alcuni paesi che si trasformano in “prigioni a cielo aperto”. Nei paesi balcanici la staffetta si è misurata con la progressiva imposizione di un "corridoio" di transito militarizzato che ha, da un lato, potenziato il sistema di controllo sui migranti e reso "invisibile" ai cittadini il trasferimento da campo a campo, dall'altro ha normalizzato e marginalizzato il ruolo degli attivisti e volontari. Considerando la situazione descritta sopra se la Germania (o un altro paese) blindasse la chiusura di un solo confine "a monte" del corridoio, questo incepperebbe il passaggio producendo un immediato effetto domino con conseguenze facilmente prevedibili.
La crisi di solidarietà di questa Europa e la messa in pratica di un articolato piano europeo contro i migranti è evidente: non è solo visibile sulla Balkan route o nelle zone della frontiera esterna del continente, ma è un sistema complesso fatto di hotspot (un nuovo nome per indicare la vecchia prassi della detenzione illegittima) e di accoglienza dell'emergenza, di interi territori di confine militarizzati, di forme discriminatorie di differenziazione all'accesso al diritto d'asilo, di norme nazionali sempre più severe e restringenti per la concessione della protezione ai rifugiati, di accordi cinici con gli Stati africani per il rimpatrio rapido dei "clandestini" e con la Turchia alla quale viene affidato il compito di nuovo guardiano d'Europa. Mentre si susseguono vertici straordinari ed annunci, e si aumentano le risorse per potenziare l'Agenzia Frontex e le missioni militari Sophia e Poseidon nel Mediterraneo e nell’Egeo, e anche la NATO scende in campo al largo delle coste turche nella “guerra ai migranti”, il numero dei naufragi e delle morti aumenta inesorabile. Solo in gennaio sono morte 368 persone, ma queste vittime non fanno più scalpore.
In questo mosaico di ipocrisia e di cinismo l’attenzione di tutti deve rimanere ben fissa sui corpi di chi, nonostante tutti i dispositivi militari e legislativi che ne vogliono ostacolare e bloccare l’arrivo, rivendica pieno accesso all’accoglienza e alla cittadinanza europea. In questi mesi, se “dall’alto” le risposte alle spinte dei migranti sono state, appunto, di chiusura, egoismo ed esclusione, dal basso, invece, sono arrivate reazioni di ampia e diffusa solidarietà non scontate: dagli abitanti delle isole di frontiera o dei luoghi di confine, a gruppi e realtà organizzate, fino a singoli soggetti, molteplici ed eterogenee sono le modalità di supporto che producono un linguaggio universale dei diritti e della solidarietà che spaventa i leader europei. Non è un caso, infatti, che si voglia normare e ridurre l’intensità di questa “eccedenza solidale” politicizzata con segnali preoccupanti quali arresti, come nel caso dei vigili del fuoco spagnoli impegnati a salvare i naufraghi in mare al largo dell’isola di Lesbo o in quello delle attiviste italiane a Calais, e registri d’iscrizione nei quali saranno accreditate solo quelle grosse organizzazioni che garantiranno un apporto umanitario ma tendenzialmente acritico. Anche su questo aspetto sarà necessario aprire un campo di battaglia per non far ridurre le importanti esperienze di attivismo e solidarietà.
Cogliendo le trasformazioni che sono in atto, la staffetta solidale #overthfortress, non può che implementare la propria azione e strutturarsi in una campagna sociale e politica, aperta a tutti coloro che vogliono farne parte. Nel concreto #overthefortress si pone questi obiettivi:
● raggiungere, monitorare e raccontare attraverso il sito Melting Pot Europa (www.meltingpot.org) la situazione nelle zone di confine interne ed esterne dell’Europa e nei luoghi dell’accoglienza emergenziale allargando il proprio raggio d’azione a tutto lo spazio europeo ed Euro-Mediterraneo;
● sostenere in tutti i modi possibili la libertà di movimento delle persone offrendo supporto con materiali informativi, informazioni legali, wi-fi, generi di prima necessità, donazioni ecc;
● connettersi con le realtà autorganizzate nazionali, europee e dell’area mediterranea che stanno operando nelle zone di confine per coordinare le attività e cooperare con loro;
● costruire con le organizzazioni presenti nelle zone di confine iniziative sociali e politiche che contrastino dal basso le attuali politiche europee di esclusione. Infine, per portare avanti queste progettualità la campagna #overthefortress promuove un crowdfunding: i fondi raccolti verranno utilizzati per acquistare materiali utili e noleggiare i mezzi di trasporto per raggiungere le zone di confine. Inoltre verrà realizzata una pubblicazione con la raccolta degli articoli e dei report redatti in questi mesi di attività di monitoraggio sulle frontiere della Balkan route.
Info per contatti e partenze: overthefortress@meltingpot.org