«Che strano destino quello delle persone di origini cinesi in Italia! Si era passati dalla paura per il possibile contagio di famigliari e amici in Cina, alla preoccupazione per il razzismo e le discriminazioni nella vita quotidiana e, una volta che l’epidemia si era spostata in Italia, alla paura del contagio per se stessi e i propri cari.»
"Il giardino dei frangipani" racconta la vita di Kumari, giovane orfana indiana immigrata in Italia. In un susseguirsi di traversie, la protagonista arriverà a domandarsi, sulle orme di James Joyce: «Torneresti mai a vivere nella tua città d'origine?» La risposta è una domanda aperta al lettore: «L'ho mai veramente lasciata?» Con questo romanzo post-coloniale, l'autrice scava nella "doppia assenza" e nella "doppia appartenenza" in cui vivono tanti cittadini del mondo d'oggi, sospesi tra una madrepatria lontana, e forse neanche mai vista, e una nuova identià.
Né io né lei immaginavamo che, una volta scese da quell’aereo, nonostante avessimo appena sorvolato il Sahara e il Mediterraneo, il viaggio non fosse ancora terminato. Mancava un’altra frontiera, spesso meno di due millimetri, densa e oscura come la selva dantesca: la nostra pelle nera, limes fitto che divideva i superiori esseri umani dagli inferiori primati in cui ci saremmo trasformate. Abbiamo incontrato troppi di quelli che chiamo “presbiti e miopi epidermici”: quelli che non vedono oltre la nostra melanina.
La storia di un trafficante di esseri umani e la tragedia dei migranti raccontata dalla voce contraddittoria di un carnefice, vittima del ricatto di un paese nel caos.
Soma Makan Fofana è un giovane approdato da clandestino sulle coste italiane, che qualche anno più tardi ha voluto raccontare per intero la propria esistenza. L'infanzia vissuta fra poverissimi villaggi del Mali e segnata da una serie di laceranti abbandoni. L'adolescenza che lo vede vagare per le strade della capitale Bamako, straniero nel proprio Paese e spinto a compiere azioni che ancora oggi non riesce a perdonarsi.
L’ultimo lavoro di Elvira Mujčić si presenta come un testo snello, di agevole lettura, che, nella sua brevità, affronta questioni centrali per la vita di moltissime persone, oggi.
Si tratta di un silent book dove troviamo solo delle parole in epigrafe: "Dopo aver finito di annegare, il suo corpo scivolava lentamente verso il fondo, lì dove i pesci lo aspettavano" Le immagini che seguono mostrano un corpo che scivola verso il fondo del mare e dei pesci che lo mangiano.
Sahra è una giovane somala che vive con la cognata Faaduma e la nipotina Maryan nel centro di seconda accoglienza di un paese in Calabria. Finché un giorno sparisce, lasciando tutti sgomenti e increduli. A mettersi sulle sue tracce è il suo insegnante di italiano, Antonio Cerasa, che mentre la cerca ne ricostruisce la storia: da un villaggio di orfani alla violenza di Mogadiscio, dall’inferno del deserto e delle carceri libiche fino all’accoglienza in Calabria.
Baboucar, Ousman, Yaya e Robert sono quattro richiedenti asilo arrivati in Italia dopo avere attraversato mezza Africa e il Mediterraneo. Sono sospesi tra la speranza che la loro richiesta venga accolta e l’ansia di essere respinti. C’è chi aspetta la prima udienza di fronte alla Commissione territoriale, chi il ricorso in primo grado al tribunale, chi invece ha ottenuto una protezione sussudiaria e per un po’ può andare avanti senza troppe ansie. Un fine settimana decidono di prendere un treno che da Perugia li porterà verso l’Adriatico.
Questo libro racconta la passione di questa scrittrice per una lingua straniera, l'italiano. Da giovane neolaureata visita per la prima volta Firenze e capisce che deve apprendere la lingua che vi si parla. Prova a studiarlo nella sua città, New York, con una serie di insegnanti private, ma non basta e nemmeno le brevi visite successive, a Mantova, Milano, Venezia, non la appagano. Si trasferisce così a Roma, con tutta la famiglia. E lì comincia la vera avventura, fatta di slanci, entusiasmo e insieme di difficoltà ed estraniamento.