È la sospensione del movimento già sospeso, quello che prospettano i racconti proposti in questo volume. Essi tendono a cogliere, con una fantasia astrusa ed ironia sottile, gli attimi inerti in un ambiente, il carcere, dove l'«evasione mentale» costituisce l'unico itinerario percorribile. Geometria ardua di un luogo dove le certezze timide sono perennemente alluvionate di sconfitte e repressioni. Per fortuna, di tanto in tanto, frammenti di quegli echi inquietanti trovano la strada sul foglio bianco, affermando, seppure con secoli di ritardo, che la terra è davvero mobile.
I libri di Stanišić, e anche questa silloge di sette racconti, sono un continuo movimento di viaggio da una parte all'altra della terra, dalla Bosnia al Friuli soprattutto, ma anche dalla Bosnia all'Australia, al Canada all'Oriente. Sempre però lungo uno stesso binario: quello di una scelta etica nella vita.Si contrappongono spesso personaggi egoisticamente ignari, o volontariamente egoisti, a pacifisti disponibili, a uomini attenti, solidali.
Sono due racconti, di cui diamo solo un'indicazione sintetica, nell'impossibilità di rendere il profumo di questo scritto. Ne vanno assaporati lentamente i pensieri e gli accenni, la complessità dei rimandi, i ricordi che affiorano, le autoironie, i paesaggi, l'odore e lo scintillio della neve.Il primo, che dà il titolo al libro, è una conversazione a più voci tra diverse persone che si incontrano in “uno di quei treni che vanno da Ovest a Est e da Est a Ovest”.
L'autrice ha adottato la lingua del paese in cui ha scelto di vivere e in italiano ci trasmette questo testo autobiografico in cui ricompone in piccoli quadri la storia della sua famiglia e di tutta un'epoca.La prefazione di Predrag Matvejević ricorda la tragedia del padre morto giovane, dopo aver subito la prigionia a Goli Otok per aver tenuto fede ai suoi ideali, e quindi la materia storica e la vicenda personale; la postfazione di Mia Lecomte ne sottolinea l'espressione lirica che trova del resto conferma anche nella sua attività poetica.A simbolo di questo modo di scrivere citiamo un es
Apparso nella collana i Mappamondi che presenta racconti bilingui scritti da autori immigrati per ragazzi, italiani e non, come ponte tra storie, lingue e culture diverse, il libro racconta la storia dell’autrice, che giovanissima fuggì dal proprio paese, l’Eritrea, per sfuggire alla prigione della dittatura etiopica. Pubblicato per la prima volta nel 1993 è stato riedito di recente. Testo tigrino a fronte.
Da dove vengono le persone che si muovono nelle nostre città? come sono arrivate qui?Questo testo non ha pretese letterarie, è scritto a quattro mani con con Gina Abbate, ma è una pagina preziosa per chi vuole capire, sapere qualcosa di più.Gli stranieri parlano volentieri e raccontano molto a chi li vuole ascoltare. Del loro paese, della loro famiglia, della loro vita di prima. Ma del viaggio no, niente del tutto o ben poco. Qualche accenno, uno schermirsi rapido che sottintende molto.
Una scelta di racconti e poesie scritti in una lingua, la nostra, vissuta come lingua dell’accoglienza. Immagini intense rese in forma originale.Si tratta dell'antologia del primo concorso Eks & Tra.
C'è sempre una statua di tiranno abbattuta con furia felice e bestiale nella rivolta, quella vista di recente in TV, quella del primo romanzo di Ron Kubati, statue di tiranni che affondano come alberi radici nel sangue del popolo (Bashkim Shehu). Nel prologo di questo libro a cadere è la statua dello scià di Persia, una caduta che si ripete (pag.
Racconti italiani: Ventinove racconti sull’Italia, dell’Italia, o dall’Italia?
La raccolta di racconti, o, come recita il sottotitolo, “frammenti di narrativa” dell’autore brasiliano, affronta uno dei temi, quello amoroso, più dibattuti nella storia della letteratura mondiale.