
Un architetto iracheno racconta di come sia solo in Italia, lontano dalla patria e dalla famiglia che ha lasciato per venire a studiare in Europa. Abbandonato dalla moglie, conduce una vita in solitudine, senza credere nell’amore. Ma la passione che suscita in una ragazza marocchina, una povera clandestina prostituta, portata sulla sua strada dal caso, fa rinascere il calore nel suo cuore.
Due fratelli lavorano la terra per uno zio avido, che non lascia loro niente nemmeno in eredità. Sono così costretti a seguire la strada di moltissimi italiani specie alla fine della guerra: emigrare. Tanto più che vivono in Istria e sono oggetto delle aggressioni da parte dei contadini slavi dell'interno del paese. E' il dolore grande di lasciare non solo patria, casa, affetti, ma la terra stessa, quelle zolle coltivate, quelle vigne. Non c'è un'altra terra come quella!
Descrizione di una vita vista per inquadrature, fotogrammi che la ricostruiscono dettaglio dopo dettaglio. Situazioni, pensieri, citazioni: una vita può essere raccontata solo a pezzetti, per frammenti, tutto è importante e niente lo è. Si tratta di una paziente opera di ricostruzione di una identità che rischia di perdersi nell'esilio dopo la fuga dalla Jugoslavia, un viaggio nella memoria che bizzarramente archivia piccoli fatti che sembrano casuali, ma hanno una legittimità profonda. Foto verbali, memories stones.
L'antologia curata da Anna Vanzan presenta racconti, memorie e saggi di donne.
Il testo si apre come un giallo: è andata a fuoco una casa e sono arsi vivi due uomini importanti. Vengono arrestate alcune persone le cui vicende si ripercorrono all'indietro nel tempo. Il loro villaggio si è vistosamente trasformato negli anni e gli abitanti un tempo affratellati e compatti nel momento del bisogno sono cambiati. Insieme avevano affrontato un epico viaggio nella capitale per chiedere giustizia e aiuto in un momento di grande siccità in seguito hanno scoperto la falsità delle promesse e la corruzione.
La raccolta di racconti curata da Laila Wadia, già autrice di numerose storie e di un romanzo, riunisce autori immigrati in Italia dalle più diverse parti del mondo sotto il segno della… forchetta.
L’idea che anche il cibo e la sua preparazione possano trasformarsi in momento di condivisione, in occasione di ricordo, in tentativo di sconfiggere il vuoto di sensazioni, odori e atmosfere appartenenti al passato di ciascuno attraversa e sostiene il testo, che tuttavia non scivola in romanticismi banali e strappalacrime.
«Con gli anni ho capito che il signor Zacchigna non era un tipo malvagio, al contrario. Non è da tutti affittare le case agli extracomunitari. Molta gente non si fida. Pensano che il passatempo preferito degli immigrati sia distruggere le dimore per poi scappare via senza pagare l’affitto».
Questa una delle frasi che si incrociano nelle pagine di apertura del primo romanzo di Laila Wadia, scrittrice indiana che vive e lavora a Trieste e che da qualche anno ha iniziato a dedicarsi alla composizione in lingua italiana.
Il romanzo chiude il ciclo di puntate radiofoniche del programma Cammei. In onda il 26 giugno alle ore 16.00 sulle frequenze della Rai regionale.