
Forse le fortezze sono due: quella simbolo del potere che incombe minacciosa dall'alto come un'ombra, pervadendo di paura tutto l'ambiente.E quella dell'amore, unico rifugio.Due fortezze. Forse. Perché il giovane protagonista dubita di tutto. Segnato dall'esperienza della guerra, vive in una eterna incertezza. Sono buoni gli uomini? sono malvagi? la loro bontà è volontaria o casuale, non porta talvolta a conseguenze negative? e i ladri, gli scrocconi, i fanfaroni perdigiorno non sono anche grandi amici?
Sono 14 favole che parlano a tutti: si possono raccontare ai bambini per far loro sognare il mondo con gli occhi di un albero, di un generoso ratto, di cicale e formiche...
La nota critica di Itala Vivan, che chiude il libro, ricorda che questo è un romanzo del 1985, anche se in Italia arriva di recente, e che è stato scritto dall'autore poco dopo la guerra civile nigeriana scoppiata a causa del petrolio tra il '67 e il '70.Lo si ripropone come un doveroso omaggio alla figura dell'autore, uomo politico ed intellettuale assai noto, impiccato nel 1995 con altri otto imputati dopo un processo farsa voluto dalla dittatura militare, ma soprattutto come un testo di alto valore letterario e sempre attuale per temi.L'incipit, ci ricorda sempre la Vivan, è un omaggio a
Diciannove brevi racconti che riflettono molti aspetti di una umanità nell'Africa subsahariana. Dal villaggio con le sue antiche credenze, l'orgoglio per i figli che studiano, i cantastorie ed i nuovi predicatori che lucrano sulla religione, le piccole corruzioni dei capi, i tabù che persistono, alla città moderna dei pigri poliziotti, dei faccendieri che vendono gli stessi terreni a più persone, del coscienzioso maggiordomo che diventa geloso del cane, del funzionario integro e isolato, della casalinga gelosa.
Una scelta di racconti e poesie scritti in una lingua, la nostra, vissuta come lingua dell’accoglienza. Immagini intense rese in forma originale.Si tratta dell'antologia del primo concorso Eks & Tra.
Sei racconti tradotti in italiano per la prima volta e di cui il primo dà il titolo alla raccolta.
Da Cuba dove è emigrato, Manuel torna ad Haiti e la trova ancora più impoverita. Nei lunghi anni di lontananza ha imparato a non rassegnarsi. Cerca quindi l’acqua per irrigare quella buona terra inaridita e si sforza anche di riconciliare le due fazioni ostili in cui s’è diviso il suo paese. Ma sarà necessario un sacrificio di sangue per riemergere dalla povertà e dal rancore.
Una piccola comunità multirazziale che si conosce da tempo vive insieme, solidale, in vecchie case, villette fatiscenti dai nomi altisonanti.La zona è degradata, ma il quartiere è centrale e quindi appetibile e da valorizzare. Una legge dello stato lo dichiara riservato ai bianchi ed i suoi abitanti vengono costretti ad andarsene, a disperdersi in periferie prive di ogni servizio e violente. Nel nostalgico ricordo del narratore rivivono tanti personaggi appartenenti alla sua giovinezza, in una atmosfera leggera e briosa.
La colta e sensibile donna indiana, che vive a Londra dall'infanzia, si nasconde sotto vesti da barbona. Insicura, rifiuta di vivere il suo ruolo sociale di moglie e di madre in un annichilimento dolente delle sue capacità. Si muove come spettatrice curiosa ed ironica, ma butterà alla fine la maschera dietro cui si ripara, per affrontare ancora la mostruosità del razzismo sempre presente.