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La Vita e i Libri Seminario formativo sulla migrazione

A partire da un quadro introduttivo sul fenomeno delle migrazioni da una prospettiva letteraria, si inviteranno i e le partecipanti a divenire parte attiva del seminario sollecitando riflessioni da testi che verranno distribuiti in quell'occasione. 

L'impostazione dell'incontro vede una parte di lezione frontale, un momento laboratoriale con il coinvolgimento attivo dei partecipanti e la riflessione collettiva finale.

Cose dell'altro mondo

Regia: 
Francesco Patierno
Paese di produzione: 
Italia
Anno: 
2011
Durata: 
90
Locandina: 
Sinossi: 

Una città del Nordest d'Italia. L'immigrazione incide sul tessuto sociale. L'industriale Golfetto non la sopporta nella maniera più assoluta e scarica tutta la sua xenofobia in uno spazio a lui riservato nella tv locale che finanzia. Intanto fa ritorno a casa Ariele, un poliziotto con madre con Alzheimer e un tempo compagno della maestra Laura che ora attende un figlio da un africano. Un mattino però, dopo un fenomeno temporalesco anomalo, tutti gli extracomunitari e gli stranieri in genere scompaiono dal territorio. Bisogna arrangiarsi da soli.
Il debito con Un giorno senza messicani viene correttamente pagato sin dai titoli di testa. Perché l'idea di base è la stessa: là la California qui il Nordest, identica la sparizione. Le similitudini si fermano però a questo punto perché lo sguardo e il punto di vista divergono e non solo per ovvie diversità di latitudini, usi e costumi. Il film di Patierno trova la sua forza proprio nell'ignoranza che pervade il tessuto sociale traducendosi talvolta in violenza e che viene perfettamente esemplificata dal personaggio del taxista. Cose dell'altro mondo affronta il discorso della necessità della presenza degli immigrati per la stessa sopravvivenza del trend di vita proprio di coloro che più ne contrastano la presenza. Lo fa con i toni della commedia alternando la disinibita irruenza di un Abatantuono (che ogni tanto dimentica di interpretare un veneto e torna ad accenti milanesi) con la levità surrealmente efficace di Valerio Mastandrea, il quale interpreta un personaggio che si muove in una sorta di tempo sospeso in cui il compito primario sembra essere il reagire e non l'agire. L'esito è divertente e interessante. In più occasioni nella storia del cinema (e non solo) la commedia è riuscita a far arrivare a un vasto pubblico delle idee che il dramma o la riflessione 'alta' avrebbero costretto nella ristretta cerchia dei già convinti.

Sacco e Vanzetti

Regia: 
Giuliano Montaldo
Paese di produzione: 
Italia
Anno: 
1971
Durata: 
111
Locandina: 
Sinossi: 

La storia del calzolaio Nicola Sacco e del pescivendolo Bartolomeo Vanzetti, immigrati negli USA e anarchici, che furono incriminati per rapina e omicidio e condannati a morte innocenti nel 1921 e giustiziati il 23 agosto 1927. I due anarchici italiani rivivono sullo schermo nella commossa e commovente interpretazione di Cucciolla e Volonté (premiato a Cannes) nel quadro di un film all'insegna dell'efficacia narrativa, oratorio senza enfasi, un po' ripetitivo, in stabile equilibrio tra informazione e denuncia. Scritto dal regista con Fabrizio Onofri e Ottavio Jemma con un occhio al cinema hollywoodiano giudiziario e di denuncia, rimpolpato con le esperienze del cinema politico europeo. Musiche di Ennio Morricone e Joan Baez.

CHI HA PAURA DELL’UOMO NERO? persone, libri, numeri

La paura dello straniero genera razzismo e viceversa, induce paranoia e malattie. L’associazione il Gioco degli Specchi propone la conoscenza dei fatti per distinguere razionalmente pericoli reali da pericoli immaginari e l’approfondimento della letteratura della migrazione per conoscere cosa pensano e come vivono i migranti. Oltre a ciò è indispensabile riflettere sul ruolo che i media svolgono nel veicolare determinate visioni della realtà. Completano la puntata alcuni brani di Pap Khouma e le riflessioni del giornalista Andrea Cagol. 

CHI HA PAURA DELL’UOMO NERO? persone, libri, numeri

Puntata numero 12: Gli italiani hanno paura degli islamici, degli arabi, visti come un tutt'uno tra loro e sempre come fondamentalisti/terroristi. Gli stranieri temono di essere confusi nella riprovazione/disprezzo per un gruppo etnico, religioso, senza attenzione alla loro persona, oppure di essere accomunati ad una popolazione con cui talvolta sono da secoli in conflitto. L'imam Aboulkheir Breigheche ci aiuterà a sfatare alcuni luoghi comuni e approfondirà alcune questioni. 

 

 

CHI HA PAURA DELL’UOMO NERO? persone, libri, numeri

Puntata numero 11: Lo straniero ha paura di non capire/di non essere capito. Quali sono i maggiori ostacoli derivanti dalla non padronanza della lingua del contesto in cui si approda? Quali sono le paure ed i timori dei bambini stranieri che frequentano le scuole italiane? Oltre ad alcune letture sul tema, ci porterà la sua testimonianza una mediatrice culturale delle scuole elementari di Trento. 

 

 

CHI HA PAURA DELL’UOMO NERO? persone, libri, numeri

Puntata numero 10: Gli italiani hanno paura che stranieri occupino spazi della città per attività criminali: ad esempio piazza Dante. Quali sono le paure reali dei cittadini, quali quelle indotte? Quanto c’è di vero nell’associare un luogo ad una pratica criminale? 

 

 

CHI HA PAURA DELL’UOMO NERO? persone, libri, numeri

Nona puntata. Gli italiani hanno paura dei clandestini percepiti come criminali e comunque colpevoli di un reato secondo la legislazione italiana attuale. Gli immigrati clandestini hanno paura di essere trattati come criminali, rinchiusi per lunghi mesi nei CIE ed espulsi. Quasi quotidianamente, con il forte contributo della stampa e dei tg nostrani, veniamo tempestati di notizie mistificatorie o che tendono a rafforzare la presunta correlazione tra clandestini e criminali. Ne discutiamo con Francesco Pea, esponente dell’associazione LIMEN di Trento.

La nave dolce

Regia: 
Daniele Vicari
Paese di produzione: 
Italia Albania
Anno: 
2012
Durata: 
90
Locandina: 
Sinossi: 

Fu il primo grande sbarco di stranieri in Italia. Non profughi o migranti, ma esseri umani in cerca di un futuro migliore o curiosi di una terra divisa da un breve braccio di mare dalla loro. È la vicenda della nave Vlora, arrivata a Bari l’8 agosto 1991, raccontata da Daniele Vicari nell’ottimo documentario “La nave dolce”. Un film costruito intervistando al giorno d’oggi alcuni dei protagonisti di quelle giornate e con tanti materiali d’archivio, soprattutto riprese dei cameraman delle tv locali pugliesi. Quelli furono pochi giorni che segnarono la fine dell’età dell’innocenza del nostro Paese per ciò che riguarda l’immigrazione. Non era il primo sbarco massiccio di stranieri e c’erano già stati parecchi viaggi della speranza finiti male, per terra o nelle acque del Mediterraneo. In quelle giornate d’agosto avvennero però fatti nuovi. L’Italia si trovò impreparata e divisa tra l’accoglienza (del Comune di Bari, di molti cittadini) e la durezza (stringe lo stomaco e fa vergognare il comportamento del Presidente Cossiga in visita in Puglia). Alla fine, dopo giornate di passione, di sofferenze, sogni andati in fumo, scorribande di criminali, fughe rocambolesche, gran parte di coloro che avevano tentato l’avventura in Italia furono rimpatriati con la forza.
Vicari parte dal mercantile che attraccò a Durazzo carico di zucchero proveniente da Cuba e che venne assaltato dalla folla. L’imbarcazione stipata all’inverosimile, senza cibo e senza acqua, fu costretta a prendere il largo verso l’Italia, per approdare, con il motore principale in avaria, al porto di Bari. Seguono le scene rimaste nell’immaginario per le foto (anche di Luca Turi, tra i testimoni del film) e le immagini di persone che si buttavano dai parapetti. Riuniti sul molo, i circa 20.000 albanesi (un numero preciso non esiste) furono trasferiti (chi non riuscì a scappare e far perdere le proprie tracce) nello stadio San Nicola e là rinchiusi in uno stato d’emergenza.
Vicari alterna le immagini di allora alle interviste al giorno d’oggi, utilizzando l’accorgimento di filmare tutti davanti a uno sfondo bianco e non spiegare chi siano: la loro storia e il loro ruolo allora emerge dal racconto, che si tratti di un ragazzino albanese, di un assessore comunale o di un ispettore di polizia. Tra loro spiccano Kledi Kadiu, allora giovane studente di danza e ora volto noto della televisione che fu rimpatriato e riuscì a tornare in Italia pochi anni più tardi, e il regista Robert Budina.
Un film che racconta della transizione dell’Albania ma anche molto dell’Italia: fa sorridere, commuovere e indignare. Il regista collega quei fatti all’oggi ma senza inutili moralismi e sottolineature. Un documentario forte, solido, avvincente e da vedere, che ci aiuta a rimettere insieme tasselli di memoria e riflettere su chi siamo e come ci poniamo rispetto agli stranieri che arrivano.
Da http://www.balcanicaucaso.org/aree/Albania/La-nave-dolce-125872

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