L'ultimo romanzo di Pariani conferma il grande attaccamento e interesse dell'autrice nei confronti dell'America Latina, protagonista anche di molti dei suoi romanzi precedenti. In tal caso la prospettiva varia, poichè l'ambientazione resta la medesima, tuttavia Pariani racconta abilmente la storia del poeta Dino Campana e della sua esperienza (effettiva? immaginata?
Il terzo romanzo di Marco Balzano resta su uno dei temi a lui cari e già indagati sul piano letterario, ossia l'emigrazione interna italiana da sud a nord e le sue ripercussioni nella vita delle persone. Nonostante ciò, "L'ultimo arrivato" non scivola nel rischio di ridondanza ma riesce a mettere in luce un ulteriore aspetto di quel fenomeno di massa che ha riguardato l'Italia a partire dalla metà del secolo scorso, ossia l'emigrazione precoce di ragazzini, soli o accompagnati da un conoscente o parente, verso le città settentrionali.
In Svizzera, nella metà degli anni ‘70, trentamila bambini italiani figli dei nostri emigrati vivevano in clandestinità, “sepolti vivi” nelle case per evitare di essere denunciati ed espulsi. Questa storia ha il merito di raccontarli a partire dalla figura di Teresa, che si nasconde in una soffitta piccola e vuota, dato che che sua madre – lavoratrice stagionale e straniera – non potrebbe portarsela dietro. Quello che ancora non sa è che sta per affrontare una grande avventura, insieme ad un gatto rosso e a un nuovo amico.
Il secondo romanzo di Marco Balzano si colloca nel solco del precedente, Il figlio del figlio, (http://www.ilgiocodeglispecchi.org/libri/scheda/il-figlio-del-figlio) viste le affinità di alcuni temi che ritornano e, dal punto di vista stilistico, la scrittura sempre gradevole, nella sua piacevole e sorvegliata scorrevolezza.
Il libro getta uno sguardo al passato e al presente della migrazione, agli effetti spaventosi che leggi disumane provocano nella vita delle persone. Qui sono raccolte testimonianze sui bambini che non potevano soggiornare in Svizzera insieme ai genitori se questi erano stagionali: o nascosti e chiusi in casa o lontani, con i parenti nel paese d'origine o in collegi oltre confine. Sono storie viste con gli occhi dei bambini e testimonianze di adulti, parlano della Svizzera e anche della triste Italia che si è inventata il reato di clandestinità.
Protagonista di questo romanzo è Giovanni Alessi, un uomo in perenne fuga. Dalla sua famiglia, dal suo paese, dove è nato e cresciuto, dai fantasmi del suo passato, dalla sua lingua, dal ricordo del padre che morì a trentacinque anni cadendo in un burrone per vincere una scommessa. Giovanni, che si è rifugiato in Germania per raggiungere Claudia, lavora dapprima come posapietre con uno zio, poi inizia a collaborare alla radio dove lavora la sua ragazza.
È l'estate del 1969. Sara ha diciassette anni, è nata nella Libia postbellica, in una multietnica Tripoli dove italiani, inglesi, francesi, americani, ebrei, cristiani, musulmani vivono fianco a fianco.
Sera gelida dell’inverno del 1946, stazione di Castelbello, val Venosta: Daniele entra in una sala d’attesa, gremita di facce, per mano a suo padre. Sono sette giorni che viaggiano lungo i binari alla ricerca di un lavoro, uno qualsiasi. La loro ricerca termina il mattino dopo alla stazione di Lasa: un ragazzino di dodici anni muove i cuori a compassione e apre molte porte.
Il romanzo di Balzano ripercorre la vita di tre generazioni, nonno, padre e figlio in un percorso che dal piano biografico su cui si sviluppa assume valore per (almeno) una intera generazione di italiani: il nonno Leonardo infatti, emigrò da Barletta a Milano con la moglie e il figlio ragazzino, al pari di migliaia di famiglie che dal sud Italia si spostarono nelle grande città del nord, senza più fare ritorno.