Un bambino di cinque anni che si ostina a chiedere alla mamma dov'è finito papà e perché non torna più a casa. Le mani di un ragazzo innamorato che tremano scosse dalla rabbia in una gabbia, un attimo prima della rivolta. E il limbo di un uomo che da ex prigioniero si prende cura degli amici ancora dietro le sbarre, contando i giorni che mancano alla loro uscita. Sono le storie di Kabbour, Nizar e Abderrahim. Tre nomi per raccontare le vite che stanno dietro alle statistiche della macchina delle espulsioni. Così la regista Alexandra D'Onofrio prova a ribaltare l'estetica della frontiera. Affinché i numeri del Viminale tornino a essere uomini e donne in carne e ossa. Con una storia che va oltre il Cie, che ha un prima e un dopo, un dentro e un fuori la gabbia. E con un dato universale, che sia l'amore, la paternità o la solitudine, in cui tutti noi ci possiamo identificare per avere la certezza che nel 2012 viaggiare non è e non può essere un reato.
Dal sito http://fortresseurope.blogspot.it/2012/03/tre-corti-sui-centri-di-identi...
Aluk Amiri, rifugiato afghano giunto in Italia all'età di quindici anni, racconta i tormenti del giovane Nasir, suo alter ego, nel giorno del suo diciottesimo compleanno in una casa famiglia di Venezia. Zakaria Mohamed Ali, costretto a lasciare Mogadiscio dopo l'omicidio del suo maestro di giornalismo e di altri colleghi, dà voce ai sogni di gloria di Dadir, campione di calcio affermato nel suo paese e oggi costretto a viaggiare senza biglietto da Milano a Roma per giocare con la ‘nazionale somala di Roma'. Hevi Dilara, rifugiata curda, racconta lo spaesamento di una giovane famiglia appena sbarcata in un centro di prima accoglienza di Ercolano. Il burkinabé Hamed Dera riprende l'attività e gli ospiti della pensione “chez Margherita”, punto di riferimento della comunità burkinabé a Napoli, prima della sua imminente chiusura. Il filmmaker e rifugiato etiope Dagmawi Yimer segue il mediatore culturale e attore senegalese Mohamed Ba mentre rievoca quando, in una bella giornata di sole, uno sconosciuto decide di accoltellarlo davanti alla fermata dell'autobus.
Cinque storie di vita quotidiana ambientate in città molto diverse tra loro, Venezia, Milano, Roma, Portici e Napoli: scenari noti che ospitano volti e sguardi nuovi. Aluk, Hamed, Dag, Hevi e Zakaria hanno seguito un percorso di video formazione promosso dall'Archivio delle memorie migranti, col sostegno di Open Society Foundations e lettera27, e, con questi strumenti, si sono serviti di una telecamera per guardare all'accoglienza da un'altra prospettiva e restituire voce alle memorie migranti.
Cinque cortometraggi scritti, girati e diretti da ragazze e ragazzi immigrati in Italia. Un mosaico di piccole storie accomunate dalla ricerca di uno sguardo interno sulla condizione migrante e, insieme, un ritratto composito dell'Italia e del suo sistema di accoglienza riflesso negli occhi di chi arriva. Benvenuti in Italia è un film documentario in cinque episodi girato a dieci mani, prodotto dall'Archivio delle memorie migranti con il sostegno dell'Open Society Foundations e della Fondazione lettera27, in collaborazione con Asinitas e Circolo Gianni Bosio. Gli autori del film, provengono da mondi lontani tra loro e sono stati selezionati indipendentemente dalla loro esperienza nel campo degli audiovisivi. Molti di loro non avevano mai preso una telecamera in mano. Dopo un percorso di formazione, hanno scelto di ambientare le storie nei diversi contesti del loro arrivo.
Una foto in bianco e nero mostra un fiume ai lati del quale sorge della boscaglia. L'impressione è quella di un posto dominato dalla sola natura, la realtà è tutt'altra. Girato poco fuori Torino, “Il Futuro del Mondo Passa da Qui - City Veins” di Andrea Deaglio, descrive l'intreccio di storie di chi da anni si divide quel pezzo di terra ubicato fuori dal centro, dalla vita di ogni giorno, dal mondo. Un po' discarica di rifiuti, un po' zona per lo spaccio di stupefacenti, la zona è abitata da due diversi nuclei: ci sono i meridionali, giunti tanti anni fa e ormai “educati alla convivenza” e poi ci sono gli “zingari”, definiti dai primi dei “topi che prendono tutto ciò che lasci in giro”. La convivenza sembra impossibile, ma questo è destinato ad essere un problema secondario. In un futuro molto prossimo, quelle terre verranno convertite in parchi naturali e li sorgeranno dei campi da golf, e chi ci si è accampato si vedrà nella condizione di essere sfrattati da una casa che non c'è.
Andrea Deaglio sceglie di raccontare la vita di Roky, Darius e Jasmina, ragazzi rumeni che vivono assieme ad altre cinquecento persone o quella di Reno, trasferitosi li dopo aver perso abitazione e lavoro, attraverso lunghi silenzi e sottotitoli in prima persona, quasi fossero pagine di diari da conservare quando quelle esistenze non avranno più sede li. Come andrà a finire la storia, è impossibile saperlo, ma di certo rimane una testimonianza visiva di una complessa realtà in una zona di confine.
IL FUTURO DEL MONDO PASSA DA QUI è anche un libro ed un osservatorio permanente:
http://www.fmpq.it/
Ideato e prodotto da un gruppo di giovani sul tema del diritto di asilo è il risultato di oltre un anno di lavoro e ha visto collaborare fianco a fianco italiani, rifugiati, volontari in servizio civile, tecnici del suono e... camionisti, autisti, studenti universitari, musicisti, formatori, fotografi. Il tutto con un unico obiettivo: conoscersi per prima cosa, e farsi conoscere attraverso il linguaggio video.
Questi giovani, entrati a contatto con il mondo dell’asilo politico, hanno sentito il bisogno di parlarne a tutti con questo mezzo, con l’attenta supervisione tecnico/artistica di Hugo e Gisella Muñoz e di Roberto Marafante.
La storia è quella, senza ritorno, del viaggio di un giovane uomo giunto in Italia per chiedere asilo. Sullo schermo scorreranno immagini di solitudini e incontri, interviste, colloqui, riflessioni e, naturalmente, viaggi reali e metaforici. Dietro, o se preferiamo davanti allo schermo, saranno gli stessi giovani che hanno realizzato il film a raccontare e trasmettere le emozioni di un anno di lavori, a testimonianza di come al di là dell'opera stessa il prodotto principale del percorso sia proprio la "magia" dell'incontro e della conoscenza.
Il lungometraggio prende spunto da alcuni momenti della seconda conferenza internazionale sul futuro dell'Afghanistan, tenutasi a Bonn nel dicembre 2011, durante la quale le autorità diplomatiche europee, asiatiche e statunitensi hanno discusso sulle condizioni, le opportunità e i rischi che si prospettano per l'Afghanistan nel momento in cui, dopo il 2014, le forze internazionali lasceranno il Paese. Lo sguardo attraverso il quale i registi guardano alla conferenza – filtrato dagli occhi e dai pensieri di un giovane giornalista afghano – è uno sguardo tristemente ironico, a tratti irriverente, che mette in evidenza la distanza esistente tra l'universo della politica e la realtà delle persone, dei cittadini, della società civile.
Il filmato costituisce una tappa del cantiere "Afghanistan 2014", realizzato in collaborazione con il Forum per la Pace e i Diritti Umani della provincia di Trento.
Trailer: http://vimeo.com/42564718
Il documentario di Andrea Segre e Stefano Liberti conferma l'impegno e la volontà di mantenere alta l'informazione a proposito delle palesi (nonchè sanzionate dalla Corte di Strasburgo) violazioni dei diritti umani ad opera dell'Italia nei confronti delle persone in fuga dai conflitti africani. Al centro del documentario il respingimento in mare, raccontato dai protagonisti, ad opera di una nave militare italiana di una barca di migranti partiti dalla Libia e lì riconsegnati. Aspra la denuncia nei confronti dei trattamenti disumani nelle carceri libiche, alle quali l'Italia ha riconsegnato i profughi. Le voci di chi ha avuto la possibilità di raccontare quell'esperienza drammatica sono state raccolte dai due registi. Il 20 giugno 2012, il documentario è stato proiettato in 100 città italiane.
“18 IUS SOLI” (52’) è il primo documentario grass-roots italiano ad affrontare il tema del diritto di cittadinanza per chi è nato e cresciuto in Italia da genitori immigrati. Vincitore del Premio Mutti, diretto e prodotto nel 2011 dal regista bolognese Fred Kuwornu in collaborazione con : l'Associazione Amici di Giana, la Cineteca di Bologna, Officina Cinema Sud-Est, Anolf Giovani di Seconda Generazione, Rete Togehter, Regione Emilia-Romagna, ACLI, Comunità di Sant’Egidio, Media Partner Babel TV ed altri partners, racconta con il linguaggio della documentario la storia di alcuni nuovi Italiani , ma al tempo stesso promuove il dibattito legislativo e culturale sul diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia sebbene da genitori immigrati.
Sono ragazzi nati in Italia, figli di immigrati: studiano nel nostro Paese, parlano la nostra lingua e i nostri dialetti, molto probabilmente non sono nemmeno mai stati nel paese d'origine dei loro genitori né spesso ne parlano la lingua. Eppure non sono riconosciuti cittadini italiani come tutti gli altri. Per ottenere la Cittadinanza italiana devono infatti sottoporsi , al compimento del 18° anno di età ad un iter burocratico lungo e complesso, che non sempre termina con esiti positivi per il richiedente, con conseguenti e inevitabili gravi problemi di inserimento sociale e di identità. nell'ottobre 2011.
Al film documentario è affiancata una imminente campagna di comunicazione sociale di cui fanno parte le maggiori associazioni, enti, fondazioni, think tank che si stanno impegnando a portare anche in Italia il concetto ormai presente in alcuni Paesi del mondo di Ius Soli, per cui si diventa cittadini italiani, dopo un ciclo scolastico sostenuto nel nostro Paese. Hanno partecipato al documentario il Presidente della Camera dei Deputati On. Gianfranco Fini e l’On. Andrea Sarubbi.
“18 Ius Soli” è basato su 18 interviste, condotte in tutt’Italia, e racconta storie reali di ragazze e ragazzi tra i 18 e 22 anni di Seconda Generazione che hanno come minimo comune denominatore il problema del non aver ancora ottenuto la cittadinanza italiana per i più svariati motivi.
Nel frattempo, in concomitanza con il 150^ Anniversario dell’Unità d’Italia è anche partita la campagna sul network 18 Ius Soli Facebook per diffondere la necessità di provvedere in tempi brevi alla modifica sulla legislazione inerente all’acquisizione della cittadinanza italiana con l’obiettivo di rendere sempre più visibile ai media l’onda di questa richiesta di cambiamento, rimuovendo gli “ostacoli” culturali, politici, burocratici che ancora impediscono ad alcuni italiani di essere pienamente cittadini a tutti gli effetti.
Per ulteriori info visita i siti web www.18-ius-soli.com.
Contatti info@18-ius-soli.com
CREDITI Durata 54’ Anno 2011 Regia Fred Kudjo Kuwornu Produzione Struggle Filmworks Produttore Associato Mariachiara Giacomel Produttore Esecutivo Fred Kuwornu Montaggio Sergio Ponzio Direttore della Fotografia Lior Levy Aiuto Regia Stefano Morelli Soundtrack "Prospettive" cantato da Mike Samaniego ; "In Ostaggio" Cantato da Miguel Prod & Nasty Brooker; "Sono Nato Qui " Cantato da Valentino AG, Vincitore del Premio Gianandrea Mutti sostenuto da Associazione Amici di Giana.
Memorie migranti è un cofanetto che raccoglie undici video sul tema dell'emigrazione italiana, selezionati nell'ambito del concorso omonimo, arrivato nel 2010 alla sua settima edizione. Si tratta di un progetto a cura di Catia Monacelli e Daniela Menichini, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il Patrocinio del Ministero degli Affari Esteri.
Tra i video presenti, segnaliamo quello di Ester Capuzzo e Flavia Cristaldi (ques'ultima ospite della rassegna La Patria riTrovata del 2011 a Trento) dal titolo Alla ricerca delle radici: emigrazione, discendenza, cittadinanza. Il video è stato realizzato in collaborazione con l'associazione Trentini nel mondo e Trentini di Bosnia e dell'Agro Pontino: vi si narra l'emigrazione dalle valli trentine non solo verso le mete più note (Stati Uniti, America latina, Europa) ma anche i flussi che si diressero verso la Bosnia per volontà di Francesco Giuseppe che dopo le alluvioni del 1882-83 spinse molti trentini a partire verso quei territori, anche per controbilanciare la presenza musulmana in una provincia da poco acquisita dall'Austria-Ungheria. Questi trentini, poi, nel 1939, a seguito dell'accordo tra Italia e Jugoslavia, furono costretti a lasciare quei territori, rientrare in Italia e andare nei territori rimasti dell'agro pontino, dove ancora oggi molti di loro vivono.
Ragazzi che lavorano e studiano insieme, che giocano, fanno sport, ridono e parlano insieme. È soprattutto questo loro comunicare festoso e naturale, tra compagni, quello che resta nel ricordo di questo filmato. Al di là delle singole storie, dei propositi, dei discorsi da 'operatore nel sociale'. La telecamera entra anche in quell'area importante di mantenimento della cultura d'origine, dall'apprendimento della lingua al salmodiare del Corano. Una realtà da conoscere per chi non ha tempo di aprire la porta di casa ed andarla direttamente a scoprire. Perché è qui, è la nostra quotidianità e sta anche a noi rendere così festosa questa giovinezza
Srebrenica, 11 luglio del 1995
Tornato di tremenda attualità dopo l'arresto di Mladić (26 maggio) e trasmesso per TG Uno speciale documentario il 12 giugno, "Souvenir Srebrenica" è un documentario angosciante e di grande rilievo, che racconta quanto successo a Srebrenica nella guerra degli anni '90: l’assedio, la violenza, l’inganno, l’assassinio e la deportazione della popolazione di Srebrenica, enclave musulmana della ex Jugoslavia,
Un assedio di tre anni si concluderà l’11 luglio del 1995 con il massacro di 9000 civili, trucidati e sepolti in fosse comuni, quando le armate serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić, e supportate dai paramilitari di Arkan, entrarono nella zona di Srebrenica che in quel momento era ufficialmente sotto tutela delle Nazioni Unite, senza nessuna reazione dei caschi blu e nell’indifferenza dell’intera comunità europea.
Sono qui riuniti in un discorso lineare e chiaro materiali di diverso tipo ed origine: riprese ufficiali fatte all’epoca dei tre anni di assedio della città di Srebrenica, dal 1992 al ’95; un pezzo di teatro-reportage, un monologo replicato innumerevoli volte e qui recitato dalla Biagiarelli nel luogo della strage; i filmati delle udienze del processo in corso al Tribunale dell’Aja contro Mladić e Karadžić, responsabili militare e politico della strage, accusati di genocidio; le riprese fatte in un campo profughi; le interviste a persone che hanno vissuto l'assedio e la tragedia e ancora vivono in città, lottando per mantenere viva la memoria di quanto accaduto e per ottenere giustizia. Ci sono soprattutto i terribili filmati amatoriali dei soldati serbi, fatti per vantarsi dei loro rastrellamenti e delle uccisioni dei mussulmani ed ora prove di accusa nei processi in corso. Forse più difficili da sostenere delle immagini di ritrovamento delle fosse comuni e dei funerali collettivi.