
Aprile 1912. Il Titanic, il più grande e splendido transatlantico che abbia mai solcato i mari, sta per salpare. A gestire il ristorante di prima classe, il Ritz, è chiamato un italiano, Luigi Gatti – per tutti monsieur Gatti – che seleziona i migliori professionisti del settore, per la gran parte suoi connazionali. Giovani e giovanissimi che coronano il sogno di lavorare nel più prestigioso ristorante dell’epoca. Fra loro Italo Donati, diciassette anni, aiuto cameriere. A bordo, la vita dei ragazzi del Ritz procede a ritmi serrati.
Lamia Ziadé (Beirut 1968) si è trasferita a Parigi all’età di 19 anni per studiare arte grafica. Si è fatta un nome come grafica e illustratrice nel mondo della moda (tra gli altri per Jean-Paul Gaultier) e della pubblicità. Ha lavorato per importanti giornali e riviste, tra cui “Vogue” e “Libération”, e ha esposto alla Kamel Mennour Gallery e alla FNAC di Parigi.
Bye Bye Babylon è la storia di una città – la Beirut massacrata dalla guerra civile iniziata nel 1975 – e un racconto autobiografico: quello della vita dell’autrice, Lamia Ziadé, che mescola i suoi ricordi di bambina alle testimonianze del conflitto che ha tenuto in ostaggio il Libano per ben quindici anni.
Arrivano a bordo di portentose Range Rover, Mercedes e jeep militari, arrivano la domenica pomeriggio, a ottobre, quando la stagione delle piogge sta per cominciare, arrivano al liceo Nostra Signora del Nilo che svetta nel cielo in tutta la sua fierezza, non lontano dalla sorgente del Grande fiume dove si erge la statua della Madonna nera. Ad accoglierle ci sono le suore, la madre superiora, il cappellano, le guardie comunali e il sindaco, e un immancabile stuolo di curiosi.
Belgrado, inizio del nuovo millennio: la guerra in Jugoslavia è appena finita e stende ancora la sua drammatica ombra su ogni cosa. Molti si chiedono se sia il caso di andarsene, come hanno fatto altri prima di loro, come ha fatto Miljan che era fuggito a Vienna lasciandosi alle spalle Belgrado e un figlio appena nato. Ora è quel figlio, Marko, a fare la fila davanti a un consolato straniero per ottenere il visto di espatrio. Ed è lì che conosce Marija con la quale ben presto inizierà una relazione. Anche Kristina, amica di Marija, decide di partire.
Con un’introduzione di Alessandro Leogrande e le mappe originali di Philippe Rekacewicz. Harraga è il primo libro di Giulio Piscitelli ed il termine indica, in dialetto marocchino e algerino, il migrante che viaggia senza documenti, che “brucia le frontiere”. Giulio Piscitelli ha seguito le rotte dei migranti che provano a entrare in Europa.
Il corpo di un ragazzo con in tasca un sacchetto di terra del suo paese, l’Eritrea; quello di un altro, proveniente dal Ghana, con addosso una tessera della biblioteca; i resti di un bambino che veste ancora un giubbotto la cui cucitura interna cela la pagella scolastica scritta in arabo e in francese. Sono i corpi delle vittime del Mediterraneo, morti nel tentativo di arrivare nel nostro paese su barconi fatiscenti, che raccontano di come si può “morire di speranza”. A molte di queste vittime è stata negata anche l’identità.