Dubravka Ugresić racconta la condizione di chi è straniero e in Jugoslavia e in Olanda. L'esilio di chi viene dalla ex Jugoslavia è particolare, che sia voluto, scelto o coatto, ha un peso in più rispetto all'esilio di altri, è ancora peggio del senso di sradicamento, nostalgia, solitudine che chiunque prova lontano dalla terra in cui è nato. Per chi viene da un mondo che si è dissolto in una guerra fratricida c'è, in aggiunta, la difficoltà e il dolore di ricostruire una identità andata in pezzi già nel suo paese, frantumata, a partire dalla lingua stessa, violentata e scissa.
Dice bene la biografia di Veličković che si legge nella quarta di Balkan pin-up: «Una delle voci più coraggiose dell’élite intellettuale serba».
Quello che si narra non è un prodotto della fantasia e nemmeno una semplice indagine giornalistica.
Dalla presentazione della curatrice, Roberta Yasmine Catalano: "Scoprire il manoscritto di Valeria Degl’Innocenti è stata un’incredibile avventura, è stato il mio viaggio attraverso il suo. È accaduto per caso, così, come quasi sempre avviene per le cose speciali.
Baba Dunja è tornata a casa. Le radiazioni nucleari non le hanno impedito di rimettere piede per prima nel paese natio (a due passi da Chernobyl). Qui, insieme a poche anime che si sono via via aggiunte, si tenta di ricominciare a vivere. Perché la vita è ancora bella, nonostante l’età e nonostante intorno ci siano frutti di bosco dalle forme strane, uccelli particolarmente chiassosi, ragni che tessono instancabili le loro tele e persino lo spirito di qualche morto che si affaccia in strada per una chiacchierata.
Questo romanzo breve («svelto», secondo la definizione dell’autore), scritto nel 1952, narra una storia d’amore e miseria che si svolge in un momento tragico, e poco noto, della storia d’Europa. Immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale, più di dieci milioni di tedeschi vennero espulsi dalle zone a est dell’Oder, passate alla Polonia e alla Cecoslovacchia. Ammassati verso il Reno e costretti a reinsediarsi presso compatrioti tutt’altro che fraterni, dovettero attraversare regioni devastate dalla guerra, affrontando la fame, l’odio e le difficoltà politiche dell’epoca.
Nel 2011 Kader Abdolah ha ricevuto una richiesta non comune per uno scrittore di origine straniera: scrivere il libro che i librai olandesi offrono in omaggio nel corso della Settimana del Libro nederlandese, il boekenweekgeschenk. Scrivere quello che viene chiamato "il libricino" è un onore riservato a scrittori affermati ed è quindi un riconoscimento importante.
Un mattino l’autore-protagonista viene svegliato dalla telefonata di un’amica che temeva fosse morto: ha infatti sentito la notizia che un giovane col suo stesso nome è stato ucciso nella città di Duma. È il pretesto per indagare da vicino la tragedia della Siria, dal momento delle rivolte del 2011 contro il regime di Bashar al Assad fino ai nostri giorni.
Il protagonista è un ragazzo autistico che ama smontare e rimontare gli oggetti, in un angolo tutto per lui che si è creato nel negozio dell'usato in cui lavora la madre. La sua vita cambia completamente quando scopre un vecchio violino rotto e la musica che se ne otteneva.
Un volume appassionato, ma al contempo lucido nel descrivere le dinamiche di un conflitto su cui l’autore cerca di fare luce, non solo per amor del vero e della giustizia, ma perché la Siria è parte di lui. Uno dei temi del libro è infatti l’identità, su cui l’autore riflette in quanto figlio di un siriano musulmano e di una italiana cristiana e che impara ad accettare per quello che è, un miscuglio in cui è possibile e necessario trovare un sano equilibrio.